Ci apprestiamo ad entrare nel tempo quaresimale. Dopo un anno nel quale abbiamo vissuto in prima persona sfide più o meno grandi che ci hanno fatto sperimentare il deserto nel quale si ritira Gesù, accogliamo l’invito del nostro Gran Maestro ad approfittare di queste sei settimane che la Chiesa ci offre per nutrirci della Parola di Dio, per riconoscere nuovamente in Lui e solo in Lui la nostra roccia, per guardare le tentazioni che ogni vita umana affronta e lasciarci guidare nelle risposte da dare. Come Cavalieri e Dame seguiamo le orme di Gesù nel deserto prima e nel cammino verso Gerusalemme poi, tenendo fisso lo sguardo verso quello che il Cardinale Filoni ci ricorda essere “il riferimento del cammino quaresimale”: il sepolcro vuoto.
Entriamo nella Quaresima seguendo Gesù, ascoltandone non semplicemente il suono della voce ma la Parola, e lasciandoci attrarre dal suo esempio.
Nella vita cristiana c’è sempre un itinerario da percorrere e dal quale non possiamo esonerarci; il senso che noi vogliamo dare alla nostra vita ne costituisce la direzione, mentre con le nostre azioni ne componiamo il lastricato. Certo si può vivere anche senza darsi un indirizzo, e senza affannarsi nel cercarlo! Ma si può vivere conoscendolo o cercandolo, come in fondo hanno fatto tanti uomini e donne che hanno dato una svolta alla propria vita insignificante. Non si tratta di una scelta per imposizione, ma di adesione alla proposta che ci viene dalla fede orientata a Cristo.
L’itinerario quaresimale ci viene consegnato dalla Chiesa nelle prossime sei settimane in coincidenza con il tempo dell’anno liturgico: un periodo che ha come meta la Pasqua attraverso il mistero della passione e della morte di Gesù. Per tutti, salvifico.
La Quaresima ci appare allora un tempo cristologico; un tempo tracciato a somiglianza dei quaranta giorni in cui il Signore si ritira in una regione desertica, a somiglianza di Mosè e di Elia anch’essi eremiti dell’Eterno; Gesù, dunque, mette da parte il lavoro come affanno quotidiano, mette da parte affetti e relazioni e si nutre per quaranta giorni della Parola di Dio per lasciarsi tentare sulla “sicurezza” che istintivamente cerchiamo nella vita e nel tenore di essa (il pane), sulla fede (Dio, dov’è?), sulle suggestioni del culto insaziabile dell’io; in queste tentazioni si condensano tutte le lotte della nostra esistenza: siamo nel trivio di essa. Quaranta giorni preparano Gesù come fase immediata alla missione che lo attendeva; fu necessario questo “ritiro spirituale” per uscire da una vita fino a quel momento nascosta, apparentemente banale o comunque non diversa da tante altre. Di fronte alle fortissime tensioni che travagliano l’esistenza di ogni uomo e donna, Gesù prepara la sua risposta al pane, al potere e al successo.
Per noi non è diverso. Se riflettiamo, il Covid da un anno ci ha accomunati tutti in uno stile di vita alquanto quaresimale, che ha sconvolto il nostro itinerario tranquillo, tenuto sotto controllo sui binari rassicuranti delle tecnologie e delle nostre capacità. Siamo stati tentati sulla certezza del pane/lavoro, sulla rimozione di Dio, sulla nostra umiliata sopravvivenza e libertà; in sintesi: le grandi tentazioni di Gesù sono ancora le nostre.
La Quaresima ci ricorda dunque questa lotta del Signore; una lotta che non finirà mai ed è presente in ogni piega del nostro esistere; una lotta che continua in varie forme anche nell’umanità, anzi ritornerà sempre drammaticamente come lo fu per Gesù, tentato persino nell’orto degli ulivi e sulla croce. Dal Golgota nascerà però il Tempio nuovo della Gerusalemme altra, e quella di Gesù sarà la sua risposta ultima: il sepolcro vuoto. Il sepolcro vuoto è il riferimento del cammino quaresimale.
La Quaresima ci invita alla conversione e a credere al Vangelo, secondo la predicazione del Signore: «Il tempo è compiuto, e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15); inoltre, ci esorta all’esercizio della carità, secondo l’insegnamento del Battista: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto» (Lc 3, 11), ci spinge alla preghiera, che ha per fondamento la presenza di Dio, per contenuto tutta la vita, anche l’esperienza dolorosa, e per configurazione l’unione affettiva a Cristo.
(15 febbraio 2021)
Cardinale Fernando Filoni
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